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Da Artimino a Comeana
Itinerario Archeologico

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Museo Archeologico |
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Nel Museo Archeologico di Artimino, aperto dal 1983, sono esposti gran parte dei reperti provenienti dagli scavi nelle necropoli e nell'abitato dell'insediamento etrusco di Artimino.
Dall'abitato sono esposti frammenti di vasi in bucchero, frammenti di sculture in arenaria, ceramiche di importazione (ceramica etrusco-corinzia, corinzia, attica) provenienti dal Sud dell'Etruria e dalla grecia, oggetti per attività domestiche di filatura e tessitura (fuseruole, pesi da telaio), vasellame da mensa (vernice nera ed acroma), monete di bronzo e d'argento, ceramica da fuoco e da dispensa, frammenti di anfore vinarie e materiale da costruzione in terracotta.
Dalla tomba del Tumulo C del Prato di Rosello è possibile ammirare l'incensiere in bucchero, componibile, con sostegno decorato a traforo ed iscrizione e due serie di unguentari VII sec. a.C.)
Dalla tomba gentilizia dei Boschetti a Comeana oggetti d'avorio (leoncini alati, frammenti di una pisside decorata a bassorilievo, un pomello), gioielli (fibule in ferro, collane in pasta vitrea ed osso), resti di armi in ferro con impugnatura rivestita di avorio, elementi di bardatura di cavallo. Dalla stessa tomba vasi in bucchero ed impasto rossiccio con decorazioni metalliche.
Dall'altro grande tumulo di Comeana, il tumulo di Montefortini, il Museo espone il corredo della tomba, databile fine VII inizi VI sec. a.C., comprendente due cinerari d'impasto decorati con cordonature a rilievo, un frammento di vaso egizio con iscrizione in caratteri geroglifici, oggetti d'avorio (placchette e pissidi ad incisione e bassorilievo), elementi decorativi in bronzo e fibule d'oro frammentarie, una delle quali decorata a granulazione. Del corredo faceva parte una coppetta in bucchero con anse traforate e vasca argentata.
Dalla sepoltura in ziro di Grumaggio la grande Kelebe volterrana decorata con personaggi del corteo dionisiaco ed il servizio da banchetto in bronzo composto da situla, olpe, attingitoi, colum e vassoio (fine IV secolo a.C.)
Da altre sepolture di Artimino: tre cippi in pietraserena (fra i quali il cippo del guerriero, rappresentante un guerriero in panoplia), un cippo a clava in marmo, una stele in pietraserena (fine IV-V secolo a.C.), tre urnette volterrane in calcare ed alabastro ed i coperchi di imitazioni locali in pietraserena.
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Le ceramiche di Bacchereto |
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Due sale, allestite nel giugno 1992 all'interno del Museo Archeologico di Artimino, ospitano numerosi manufatti di ceramica medievale e rinascimentale di Bacchereto.
Il ritrovamento avvenne in maniera del tutto casuale nel '74 in seguito ad uno smottamento che mise in luce una discarica di fornace di notevoli dimensioni nella località di Novelleto, a circa 2 km. da Bacchereto.
Era già nota la presenza, in passato, di ateliers ceramici in questa zona; nel catasto fiorentino del 1427 si parla di sei fornaci attive in quel periodo: 3 a Colle, 2 a Treggiaia, 1 a Bilorfica, ma l'inizio della produzione era sicuramente precedente, si ha notizia di ceramisti baccheretani emigrati a Firenze e a Pisa alla fine del '300.
La discarica dalla quale provengono i vasi esposti era relativa probabilmente ad ateliers attivi nella zona, gestiti dagli "orciolai" Teo di Michele e Piero di Stefano.
L'esposizione accoglie una esemplificazione della maiolica prodotta nelle fornaci baccheretane dalla fine del '300 alla seconda metà del '400.
Nella prima sala è esposta maiolica arcaica, caratterizzata da impasto rosso e vernice bianca decorata da motivi vegetali e da volatili ottenuti con il verde ramina ed il bruno manganese, le forme sono: brocche, catini, rinfrescatoi e ciotole di "tipo Baccheto", produzione tipica di questa zona.
Fra le maioliche pregiate che affiancano e poi soppiantano la maiolica arcaica c'è la "famiglia verde" con decorazione molto accurata e aggiunta di nuovi colori, giallo e arancio, ai precedenti. Notevole il catino decorato con volatile che ha un bacca nel becco.
La maiolica arcaica blu è una produzione molto raffinata, con impasto bianco e decorazione in cobalto che sostituisce il verde ramina.
Nelle ceramiche decorate a "zaffera di rilievo" (gocce di cobalto a rilievo) compaiono spesso, sotto l'attacco dell'ansa di boccali, delle T interpretate come marchi di bottega.
Altra ceramica di pregio è la cosiddetta "famiglia tricolore", caratterizzata da decori in blu, verde e bruno.
La maggior parte dei reperti appartiene però alla maiolica italo-moresca, imitazione locale di ceramiche ispano-moresche.
Bacchereto era uno dei più importanti centri di produzione di questa ceramica con impasto bianco e decori in blu, bruno, giallo, arancio e verde. Fra le forme nuove c'è la scodella di varie dimensioni, fra le decorazioni: teste umane e la delicata decorazione "S.Fina".
E' esposta anche una parte della grandissima quantità di biscotti (vasi risultati difettosi dopo la prima cottura e perciò non ammessi alla decorazione) ritrovati nella discarica.
Nella seconda sala una vetrina documenta l'attività della fornace con utensili come le "zampe di gallo", utilizzate come distanziatori per la cottura dei vasi, prove di decorazione fatte sui biscotti, frammenti con evidenti difetti come sbollature e deformazioni. Nell'altra vetrina è documentata la vita intorno alla fornace, sono esposte ceramiche domestiche e oggetti d'uso nella bottega: testi, olle, catini a matrice figlinese.
La tavola è imbandita con copie fedeli delle ceramiche di Bacchereto.
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Tumulo dei Boschetti |
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Accanto al cimitero di Comeana, il tumulo dei Boschetti, spianato da secolari lavori agricoli, copriva una tomba anch'essa danneggiata, della quale si conservano solo le pareti per poco più di un metro di altezza, non rimane traccia né del tamburo né della copertura.
Di modeste dimensioni, la tomba è costituita da un breve dromos orientato a sud-ovest (ed ora interrato), un piccolo vestibolo ed una camera rettangolari, costruiti con grandi lastre di arenaria locale accuratamente connesse. Entrambi gli ambienti erano pavimentati. Il lastrone di chiusura del vestibolo presenta segni evidenti di una violazione avvenuta quando la tomba conservava ancora la copertura (che si può ipotizzare a tetto piano come le tombe della necropoli del Prato di Rosello).
Addossata alla parete di fondo, una struttura verticale doveva probabilmente costitutire un piccolo loculo per una deposizione funebre.
Al momento della scoperta, nel 1965, gran parte della costruzione era crollata e a causa delle ripetute violazioni frammenti degli oggetti di corredo erano sparsi nei vari ambienti, mancavano del tutto gli oggetti d'oro. La tomba dovette avere probabilmente solo due deposizioni di incinerati, forse marito e moglie, intorno alla metà del VII secolo a.C. La tomba è visibile dall'esterno della recinzione.
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Tumulo di Montefortini |
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La collina di Montefortini, coperta da un boschetto di querce, è in realtà un grande tumulo di forma ovale con un diametro di oltre 70 metri e un'altezza di quasi 12. Copre due tombe costruite nella seconda metà del VII secolo a.C.
La tomba più antica, una "tholos" come la Montagnola e la Mula di Quinto Fiorentino, si trova al centro del tumulo e venne costruita come tomba di famiglia intorno alla metà del VII secolo a.C. Ha "dromos" monumentale con il lastrone di chiusura ancora "in situ" appoggiato all'ingresso della tomba, vestibolo coperto a piattabanda e cella circolare con diametro di oltre 7 metri, coperta da una falsa cupola realizzata con cerchi concentrici di pietre aggettanti verso l'interno. Al centro, nell'ultimo filare di pietre, doveva incastrarsi il pilastro quadrangolare.
Intorno alla cella, poco sotto l'inizio della cupola, una mensola di pietra serviva probabilmente per la deposizione degli oggetti di corredo; sul piano di calpestio, una struttura di lastre infisse nel terreno doveva costituire, come nella tomba dei Boschetti, un loculo per la deposizione funebre. Il tumulo era delimitato da un tamburo di accurata fattura, visibile sulla sinistra dello stesso, costituito da lastre verticali di arenaria sormontate da una cornice a gradini, motivo che ritroviamo anche nella terrazzina, aggettante dalla linea del tamburo davanti al dromos, utilizzata probabilmente per cerimonie funerarie.
La tomba venne utilizzata per un periodo breve, infatti pochi anni dopo la costruzione la copertura della camera funeraria crollò completamente (per cause a noi sconosciute), rendendola inutilizzabile. Il ricchissimo corredo, più volte manomesso nell'antichità, comprendeva oggetti in avorio e ambra, vetri blu egizi, uova di struzzo decorate ed incensieri in bucchero.
Il crollo della prima, rese necessaria la costruzione di una nuova tomba che venne realizzata su un fianco del tumulo ed ebbe dimensioni e forma diverse dalla precedente.
Le strutture più antiche vennero interrate e parte del materiale riutilizzato. Anche la seconda tomba ha dromos monumentale (13 m.) perfettamente conservato ed orientato, come quello più antico, a nord-ovest. Un intonaco di argilla rossastra rivestiva le pareti del dromos costruite con blocchi d'arenaria e d'alberese. Il grosso lastrone ora appoggiato alla parete sinistra del dromos, originariamente stava a chiusura del portale trilitico dal quale si accede al vestibolo. Da un altro portale chiuso probabilmente da una porta lignea (nell'architrave sono visibili gli incavi per la chiusura), si entra nella cella rettangolare alta quasi 4 metri. Entrambi gli ambienti sono coperti a falsa volta, con filari di lastroni aggettanti fino alla chiusura. Anche qui, come nella tomba più antica, su tre lati della cella ritroviamo la mensola di pietra. Questa tomba fu saccheggiata ripetutamente fino dall'antichità, tracce di una violazione rovinosa sono il crollo di parte della copertura del vestibolo e la lacuna sopra il portale dello stesso ambiente.
Dei corredi rimangono elementi decorativi in bronzo, probabilmente i mobili di legno, frammenti di due pissidi d'avorio e di gioielli d'oro oltre a due grandi cinerari d'impasto. Il periodo d'uso della tomba va dal 630-620 al 580 a.C.
Per il momento solo la tomba più recente è visitabile; la più antica, per l'instabilità delle strutture dovuta al crollo e per le difficoltà della visione (essendo stata scavata dal'alto) richiede una lunga opera di restauro e consolidamento per poter essere inserita in un percorso di visita che interessi la totalità del monumento.
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Zona Archeologica di Pietramarina |
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In località Pietramarina, sulla cima più alta del Montalbano, è stata recentemente individuata un'area di interesse archeologico.
In un tratto pianeggiante, coperto di agrifogli secolari, una serie di interventi di scavo, dal 1973 ad oggi ha accertato la presenza di una cinta muraria che racchiude edifici (ne sono stati individuati almeno tre, uno dei quali presenta muri perimetrali di oltre un metro di spessore) dalla destinazione non ancora chiarita. Potrebbe trattarsi di anbienti di culto come di abitazioni, gli scavi sono tuttora in corso.
L'insediamento ebbe inizio probabilmente in età arcaica e continuò fino ad età ellenistica.
Vicino a quest'area, un grosso blocco di pietra con scalini e canalette scalpellate potrebbe far pensare ad un luogo di culto all'aperto di epoca antichissima.
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Web Guide |
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